Alla eletta schiera dei puri ricercatori e creativi si inscrive,
senza revoca in dubbio, la produzione pittorica di Francesco Pasca,
il cui iter evolutivo ha attraversato diverse esperienze, corroborandosi
via, via, dialetticamente, con quanti parimenti scarnificano
l'esistente volendo cogliere ciò che si cela dentro e dietro i fenomeni e le cose.
Partito da una produzione assimilabile nell'ambito del genere figurativo
classico che gli ha offerto gli indispensabili presupposti idonei per il possesso
dei mezzi espressivi, Francesco Pasca nel 1980 vive la propria svolta fondamentale
che lo vede aderire al Manifesto della singlossia, le cui prospettive di indagine
e di raccordo lo affacinano irreversibilmente, rendendolo così più vibratile e
percettivo, tanto da porre in discussione il suo fare precedente che mano a mano,
annichilisce per approdare a soluzioni che, collegate ad altre proposte del campo
dell'avanguardia delle arti poetico-visive, stravolgono i canoni classici della
rappresentazione per rivendicarsi, così, originali e accattivanti riultati, fatti
di dinamici flasch-bek segnico-cromatici tratti essenzialmente,
dal proprio e collettivo vissuto e liberamente espressi all'insegna del contrasto
di piani, cromie, di tutte quelle regole, insomma, che, si pretendono per la consueta
opera d'arte.
L'impressione superficiale che si ricava dall'osservazione delle opere del nostro
artista è un certo non so che di inquietante, di caotico e di paradossale; tuttavia
tra il magma dei colori e dei segni ci accorgeremo, innanzittutto, di poter individuare
un tumulto di sentimenti, di passioni, di stati d'animo ora irruenti e altre volte,
invece vigili, quasi distaccati, sicché, ancora, coglieremo quasi una sorta di trance
a cui fa compendio l'impressione che Francesco Pasca aneli il nirvana,
una dimensione atarassica nonché catartica.
Qua e là nelle composizioni del Nostro affiorano frammenti della memoria, immaggini
eidetiche frutto di un processo abreativo, oppure lo sforzo di essere sempre presente
a se stesso, senza nulla rinnegare e lasciare sepolto nell'archivio dell'inconscio?
Può darsi l'una o l'altra cosa contemporaneamente ma, a questo punto, mi sovviene
quanto con lucidità profetica ebbe a considerare il filosofo Hegel a proposito
dell'arte moderna, un'arte ove lo spirito trabbocca, prevale e la materia, ossia i
mezzi espressivi, non sono capaci nè di contenerlo nè, tantomeno, di rappresentarlo.
A questo punto, allora, occorre avvalersi di più chiavi di lettura, e quindi di
decifrazione, dell'arte di Francesco Pasca, attribuendo a segni e cromie, a piani,
lacerazioni, ricuciture e sovrapposizioni, il significato e il significante del
mondo degli archetipi, di quelle dimensioni immediate (nel senso di non mediate)
che il genere umano agli inizi della propria storia possedeva e che poi progressivamente
ha perduto attraverso i processi di subblimazione, della cultura e della civiltà.
La libertà creativa, ma potremmo dire ricreativa, di Francesco Pasca tutto
sommato, al di là di spazi e tempi ci riporta all'origine del sentire, essa pertanto
costituisce un atto liberatorio teso ad esplorare dimensioni inedite ed infinite.
Lecce, 22 luglio 2004
Mario De Marco